NEL CARNEVALE SI ESPRIME LA LIBERTÀ CRISTIANA
«Il carnevale non è certo una festa religiosa. Tuttavia non è concepibile senza il calendario delle festività liturgiche. Perciò una riflessione sulla sua origine e sul suo significato può essere utile anche per capire la fede. Le radici del carnevale sono molteplici: ebree, pagane, cristiane. Nel calendario delle festività ebraiche ad esso corrisponde all’incirca la festa dei Purim, che ricorda la salvezza di Israele dall’incombente persecuzione degli ebrei nel regno di Persia. La gioia scatenata con cui la festa viene celebrata vuol essere espressione del senso di liberazione che, in questo giorno, non è solo memoria, ma promessa: chi è nelle mani del Dio di Israele, è libero in partenza dalle insidie dei suoi nemici.
Al tempo stesso, dietro a questa festa scatenata e profana, che aveva e ha tuttavia il suo posto nel calendario religioso, c’e quella conoscenza del ritmo del tempo, validamente espressa nel Libro del Qoèlet. Ogni momento non è il momento giusto per ogni cosa: l’uomo ha bisogno di un ritmo, e l’anno gli dà questo ritmo, nel creato e nella storia che la fede presenta nel corso dell’anno. Siamo così giunti all’anno liturgico, che fa percorrere all’uomo l’intera storia della salvezza nel ritmo del creato, ordinando e purificando così il caos e la molteplicità del nostro essere. In questo ciclo di creazione e storia non è tralasciato nessun aspetto umano, e solo così viene salvato tutto ciò che è umano, i lati oscuri come quelli luminosi, la sensorialità come la spiritualità.
Tutto riceve il proprio posto nell’insieme che gli dà un senso e lo libera dall’isolamento. Perciò è sciocco voler prolungare il carnevale come vorrebbero affari e scadenzari: questo tempo arbitrario diventa noia, perchè in esso l’uomo diviene soltanto creatore di se stesso, è lasciato solo e si trova davvero abbandonato. Il tempo non è più il molteplice dono del creato e della storia, ma il mostro che divora se stesso, l’ingranaggio vuoto dell’eternamente uguale, che ci fa girare in un cerchio insensato. Ma torniamo alle radici del carnevale. Accanto ai precedenti ebraici ci sono quelli pagani, il cui volto truce e minaccioso ci fissa ancora dalle maschere dei paesi alpini e svevogermanici.
Qui si celebravano i riti della cacciata dell’inverno, dell’esorcismo delle potenze demoniache. A questo punto possiamo notare qualcosa di molto significativo: la maschera demoniaca si trasforma, nel mondo cristiano, in una divertente mascherata, la lotta pericolosissima con i demoni si cambia in gaudio prima della gravità della Quaresima. In questa mascherata avviene cio che riscontriamo spesso nei salmi e nei profeti: essa diviene scherno di quegli dei, che chi conosce il vero Dio non deve più temere. Le maschere degli dei sono divenute uno spettacolo divertente, esprimono la gioia sfrenata di coloro che possono trovare motivi di comicità in ciò che prima faceva paura. In questo senso è presente nel carnevale la liberazione cristiana, la libertà dell’unico Dio, che rende perfetta quella libertà ricordata dalla festa ebraica del Purim».
Tratto da Joseph Ratzinger, Cercate le cose di lassù. Riflessioni per tutto l’anno, Milano, Paoline, 2006.